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Lingua, scuola e identità: perché condivido la scelta del Ministro Valditara contro asterischi e schwa


cartello di divieto https://www.linkedin.com/in/francescocarboneingegnere/

Con una recente circolare, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha disposto il divieto dell’uso di asterischi (*), schwa (ə) e altri simboli cosiddetti “neutri” nella comunicazione istituzionale scolastica, inclusi circolari, modulistica e atti ufficiali. Una decisione netta, che riporta al centro il valore della lingua italiana come fondamento della nostra identità culturale e strumento di comprensione, non di confusione.


Non si fa inclusione deformando la lingua

Il provvedimento del Ministero è chiaro: la lingua italiana deve essere utilizzata nella sua forma corretta, intelligibile, conforme alle regole grammaticali e sintattiche che da secoli ne fanno una delle lingue più ricche, armoniche e strutturate del mondo. La scuola non può piegarsi a mode linguistiche ideologiche che rischiano di compromettere non solo la comprensione dei testi, ma anche la formazione linguistica ed espressiva delle nuove generazioni.

Come ha affermato lo stesso Valditara: “Non si fa inclusione deformando la lingua, ma attraverso l’educazione al rispetto e alla valorizzazione della persona nella sua unicità”. Una frase che condivido pienamente.


Accessibilità, chiarezza, rigore

La circolare ministeriale richiama anche un principio fondamentale: quello dell’accessibilità della comunicazione, soprattutto nei confronti delle persone con disabilità. L’uso di simboli come lo schwa o l’asterisco crea barriere nei software di lettura vocale per non vedenti e ipovedenti. Ma oltre al tema tecnico, c’è un punto più profondo: una pubblica amministrazione – e in particolare la scuola – ha il dovere di esprimersi con chiarezza, semplicità e rigore, senza cedere a imposizioni ideologiche.


Difendere la lingua è difendere la cultura

Ogni lingua porta con sé una visione del mondo. Manipolarla artificialmente significa alterare quella visione. E se davvero vogliamo educare al rispetto, non abbiamo bisogno di introdurre suoni impronunciabili o simboli estranei alla nostra grammatica, ma di formare uomini e donne consapevoli, capaci di confrontarsi con la realtà e non di rifugiarsi dietro forzature linguistiche dal sapore ideologico.


Da docente e da conservatore

Proprio per questo, da docente e da uomo che si riconosce nei valori della cultura conservatrice, mi trovo totalmente d’accordo con questa scelta del ministro Valditara. Ogni giorno, tra i banchi di scuola, ho il privilegio di incontrare decine di giovani che hanno bisogno di riferimenti solidi, non di confusioni linguistiche e relativismi culturali. La lingua è un presidio di identità, non un campo di battaglia ideologica. Difenderla significa difendere la nostra civiltà.


La scuola deve tornare ad essere ciò che è sempre stata: un luogo di sapere, non un laboratorio di sperimentazioni sociolinguistiche. Un presidio di cultura, non un megafono delle mode del momento. Un luogo in cui si educa alla libertà, non al pensiero unico.


E voi cosa ne pensate?

Siete favorevoli alla scelta di preservare la correttezza linguistica nella scuola italiana, o credete che l’uso di nuovi codici “neutri” sia un’evoluzione necessaria? Il confronto è aperto. Ma una cosa è certa: una lingua chiara è il primo strumento per formare menti libere.

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